Come scegliere l’impianto di riscaldamento giusto per la tua ristrutturazione

Indice

“Architetto, per l’impianto di riscaldamento facciamo caldaia a gas e termosifoni vero?”

Questa è una delle frasi che mi sento dire più spesso dai clienti e dagli idraulici. Eppure non si tratta quasi mai della soluzione migliore e più efficiente quando si tratta di rifare l’impianto di riscaldamento.

In questa guida vedremo quali sono i principali elementi che formano un impianto di riscaldamento, e come si abbinano tra di loro per fornirti le principali e più efficienti alternative tra cui scegliere, in modo che non dovrai più imprecare contro bollette salatissime e stanze fredde.

Una delle credenze più difficili da sradicare nell’italiano medio, quando si parla di riscaldamento, è che il binomio caldaia a gas + termosifoni sia l’unico sistema veramente efficace e che non da problemi.

Trovare impianti di riscaldamento differenti in case costruite tra gli anni cinquanta e novanta è veramente raro, e spesso quando erano presenti sono stati smantellati per mettere la caldaia e i termosifoni. Così chi ristruttura si ritrova già questo impianto, anche se vecchissimo, e spesso pensa di risparmiare recuperando i vecchi termosifoni o utilizzando le vecchie tubazioni.

Guai a proporre riscaldamenti a pavimento “perché costa troppo” o soluzioni elettriche perché “ma sei pazzo? E se poi salta la corrente? Chissà che bollette poi…”

La realtà è che se l’impianto caldaia+termosifoni è ancora quello più diffuso, non è detto che sia la soluzione più efficiente per rispondere alle tue esigenze di riscaldamento.

Prima di procedere come un treno a volerne uno di questo tipo devi valutare anche le possibile alternative, e devi farlo in maniera consapevole.

In questo articolo faremo una panoramica dei sistemi di riscaldamento che possono essere utilizzati in modo efficace nella ristrutturazione di case e appartamenti (anche in condominio).

Non sarà un articolo pieno di tecnicismi (che poi non sarei nemmeno in grado in questo ambito). E non ti voglio convincere ad installare un impianto piuttosto che un altro.

Ristrutturazione

Non è il mio lavoro e non ci guadagnerei nulla.

Il mio unico scopo è farti riflettere su una scelta così importante per la tua ristrutturazione. Non solo dal punto di vista economico ma anche della salute.

Siccome l’argomento è importante e complesso, ho deciso di dividere l’articolo in due parti:

  1. Vedremo come è fatto un impianto di riscaldamento. Ci sono alcuni elementi indispensabili per il suo funzionamento che sono presenti in TUTTI gli impianti di riscaldamento.
  2. Analizzeremo le principali tipologie di impianti di riscaldamento adatti a case e appartamenti.

La prima parte, sebbene possa sembrare inutile e scocciate, è essenziale per avere una base di informazioni indispensabili a capire i pro e i contro degli impianti di cui parleremo nella seconda.

Se non ti interessa puoi saltarla, ma ti mancherebbero parecchi tasselli del puzzle.

PARTE 1: COME È FATTO UN IMPIANTO DI RISCALDAMENTO?

Qualche anno fa in rete girava il meme di un commento scritto in qualche gruppo facebook di complottisti che diceva più o meno così:

“oggi ho aperto la valvola di un termosifone e sapete cosa ho scoperto? Dal foro usciva acqua e non metano! Questi ci fanno pagare carissimo il metano e poi in realtà ci stanno dando acqua!”

Come progettista do per scontato quale sia il funzionamento di base di un qualsiasi impianto di riscaldamento. Ma la realtà è che non è lo stesso per tutti.

Quello qui sopra è un caso limite, però penso un piccolo riassunto di quali sono gli elementi basilari di cui è composto un impianto di riscaldamento è senza dubbio utile. A prescindere dalla tipologia di impianto, questi quattro elementi sono sempre presenti: 

  1. Il generatore di calore
  2. Il fluido vettore
  3. Il sistema di distribuzione
  4. I Terminali

Ecco come sono collegati tra loro:

il generatore di calore (che è la caldaia) utilizza una fonte energetica (tipo il metano) per generare calore che scaldara un fluido vettore (ad esempio acqua), il quale viene immesso in un sistema di distribuzione (una rete di tubazioni) a cui sono collegati i terminali (ad esempio i termosifoni) che cedono il calore del fluido all’ambiente.

Produco caldo, sposto caldo, distribuisco caldo. Semplice e consolidato.

Già gli antichi romani avevano inventato un sistema di riscaldamento chiamato ipocausto, usato principalmente nelle terme, che sfruttava questi quattro passaggi.

Da allora però la tecnologia si è evoluta e i problemi, che all’epoca erano solo non morire di freddo in inverno, sono cambiati. Ora vogliamo regolare le temperature secondo le nostre esigenze, vogliamo una casa riscaldata uniformemente, una casa salubre, etc.

Poi non c’è più solo l’esigenza di riscaldare in inverno ma anche di raffrescare in estate.

E poi c’è l’esigenza di non svenarsi per pagare bollette salatissime.

E poi ci sono anche esigenze sociali. Sulla terra siamo 7 miliardi e scaldare tutti gli immobili esistenti ha un costo ecologico, sia come consumo di fonti energetiche che come inquinamento. Quindi c’è l’esigenza di non sprecare inutilmente energia e di non inquinare. Si chiama efficienza, ed è un aspetto molto importante anche a livello normativo.

Quindi il vecchio ipocausto è diventato molto più complesso ed articolato, quindi ognuno dei quattro elementi dell’impianto necessita di un approfondimento.

1. I generatori di calore

impianto di riscaldamento: le caldaie

Quando parliamo di generatori di calore la prima associazione che viene automatica alla maggior parte delle persone è la classica caldaia a gas sul terrazzino. Ed effettivamente è la tipologia di generatore ancora più diffusa e venduta, almeno in Italia.

Venendo ad una definizione un po’ più tecnica,il generatore è quell’elemento dell’impianto che ha lo scopo di trasformare una fonte di energia primaria in calore, e di trasferire questo calore a u fluido termovettore.

Quindi i generatori di calore si classificano in base a questi due elementi:

  1. Quale fonte di energia primaria utilizzano
  2. Quale fluido termovettore scaldano

1.1 Le fonti di energia primaria usate per produrre calore

Le fonti di energia primaria utilizzate per generare calore sono principalmente tre: il gas, l’aria e le biomasse.

Gas
impianto di riscaldamento a gas metano

Il gas più diffuso in ambito domestico è sicuramente il metano, quello con la fiamma blu della rete di distribuzione. Ma dove la rete non arriva ci sono i bomboloni a metano o gpl che si trovano in giardino o che porta Peppino col suo Apecar.

Il gas viene estratto da giacimenti nel sottosuolo e convogliato in enormi gasdotti lunghi anche decine di migliaia di chilometri, per arrivare fino a casa tua. In Italia il metano arriva principalmente da Russia (vediamo per quanto), Libia, Algeria, Grecia, Olanda e Norvegia.

Un problema di questa fonte di energia è che, come il petrolio, si va esaurendo. Certo non finirà domani, ma tra alcuni decenni sì.

L’altro problema è che inquina. Infatti per scaldare il gas deve bruciare. E ogni cosa che brucia emette dei fumi inquinanti.

E naturalmente, essendo molto infiammabile, è un potenziale pericolo in caso di perdite. Le esplosioni sono rare ma ne abbiamo lette molte negli anni tra le notizie di cronaca.

Aria

L’aria è una fonte di energia primaria?

La risposta è assolutamente affermativa, anzi è una delle maggiori fonti di energia utilizzate per produrre calore. Anche quando è molto più fredda rispetto all’ambiente da riscaldare.

E in più è potenzialmente illimitata e totalmente ecologica. Si tratta di una delle migliori fonti di energia primaria possibili.

Ristrutturazione

Capiremo come viene sfruttata parlando delle pompe di calore.

Biomasse

Le biomasse utilizzate per il riscaldamento domestico nella sostanza sono il legno, i pellet e altri derivati del legno. Per produrre calore devono bruciare.

E il loro problema è che quando bruciano producono tantissimo inquinamento. In particolare le tanto vituperate particelle PM10, cioè quel particolato di dimensioni inferiori a 10 micrometri (1 micrometro è pari ad 1 milionesimo di metro). Sostanze cancerogene che le nostre vie respiratorie non sono in grado di filtrare.

Sia chiaro: come si bruciano le biomasse rappresenta un fattore discriminante in relazione all’inquinamento prodotto. Quindi una caldaia a biomassa (di cui parleremo a breve) non inquina come accendere un falò. Ma immette comunque particelle dannose per la salute.

Elettricità
scaldare con l'elettricità

Tra le fonti di energia primaria non abbiamo citato l’energia elettrica. E il motivo è che non si tratta di una fonte di energia primaria e non è la principale fonte di energia utilizzata dai generatori di calore (a parte una porzione marginale, che non sono le pompe di calore. Ne parleremo più avanti)

C’è da dire una cosa: la normativa considera l’energia elettrica particolarmente inquinante, infatti è penalizzata a livello di calcolo dell’efficienza energetica.

Il motivo è che, sebbene l’elettricità di per sé non rilascia inquinamento quando la usiamo, i processi attualmente usati per creare l’elettricità sono ancora in gran parte inquinanti. Infatti molta dell’elettricità viene prodotta bruciando carbone, petrolio o derivati. Moltissima viene prodotta nelle centrali nucleari, che sicuramente inquinano di meno ma ci lasciano con il problema delle scorie radioattive da smaltire.

Chiaramente a queste vanno affiancate le fonti di produzione non inquinanti: idroelettrico, geotermico, eolico, fotovoltaico. Sempre più importanti ma ancora minoritarie. L’obiettivo a lungo termine è produrre elettricità esclusivamente con fonti non inquinanti. Siamo in un periodo di transizione.

1.2 Il fluido termovettore a cui le caldaie cedono il calore

trasportare il calore con l'acqua

Abbiamo detto che il secondo elemento che caratterizza un generatore di calore è il fluido termovettore che scalda.

Il fluido termovettore, se ti ricordi quanto abbiamo detto poco fa, è uno dei quattro elementi che caratterizzano ogni impianto di riscaldamento. Quindi in questo paragrafo faremo un semplice elenco al fine di classificare le caldaie. Ne parleremo più approfonditamente a breve.

I fluidi termovettori sono:

  • Acqua
  • Fluido refrigerante
  • Aria

Con queste informazioni possiamo adesso vedere quali sono le tipologie di generatori di calore tra cui scegliere.

1.3 Tipologie di generatori di calore

La principale distinzione tra i generatori di calore è data dall’energia primaria utilizzata:

  • Caldaia per il gas
  • Pompa di calore per l’elettricità
  • Stufa per le biomasse

Ognuno di questi generatori può scaldare uno o più fluidi termovettori.

Caldaia a gas: ormai è solo a condensazione
impianto di riscaldamento con caldaia a condensazione

Il gas utilizzato abbiamo detto essere principalmente il metano, ed eventualmente il gpl. Le caldaie a gas in ambito domestico funzionano con fluidi termovettori ad acqua: cioè bruciando gas scaldano acqua.

Sono composte sostanzialmente da tre elementi: un bruciatore, uno scambiatore e un circolatore.

Nel bruciatore il gas viene infiammato creando calore che sale verso lo scambiatore, al cui interno passano i tubi dell’acqua, a cui viene trasferito il calore.

Solitamente nelle caldaie ci sono due scambiatori (nell’immagine qui sopra ho semplificato): uno per l’acqua destinata al circuito di riscaldamento (che è un circuito chiuso), e un altro per l’acqua sanitaria (ACS), quella che usiamo per lavarci.

Se l’acqua che passa nel circuito dell’ACS se ne esce per semplice pressione (quando apri il rubinetto si crea automaticamente la pressione necessaria per far scorrere l’acqua), quella presente nel circuito del riscaldamento ha bisogno di un circolatore (cioè una pompa) per essere spinta dentro le tubazioni e raggiungere tutte le zone della casa.

Detto del funzionamento di base di una caldaia, ormai nessuna caldaia in commercio, per motivi di efficienza, può essere fatta in questo modo. Infatti sappiamo che il metano è di origine fossile, quindi soggetta ad esaurimento e molto inquinante, quindi bisogna usarne il meno possibile e sfruttarlo al massimo.

Ristrutturazione

Il rendimento di caldaie con un ciclo come quello descritto arriva al massimo al 90%. Cioè parte del calore che viene prodotto non è sfruttato e viene disperso nell’aria sotto forma di fumi.

Per questo sono state sviluppate le caldaie a condensazione che riescono a sfruttare fino al 105% del calore prodotto dal metano.

In sostanza questa tecnologia sfrutta il calore presente nei fumi riconvogliandoli verso lo scambiatore dove cedono ancora parte del calore che hanno. Alla fine di questo processo il fumo, che ha perso calore, condensa e si trasforma in goccioline d’acqua (da qui a condensazione), mentre i restanti fumi vengono dispersi nell’aria attraverso la canna fumaria ad una temperatura più bassa di circa 40° rispetto ad una caldaia normale.

Dal 2015 si possono produrre solo caldaie a condensazione, quelle “normali” sono fuori produzione ed è vietato installarle. Quindi se qualcuno te ne propone una è un fondo di magazzino.

Le caldaie a gas riescono a produrre acqua ad alte temperature (tranquillamente fino a 80°) e sono dei generatori di calore istantanei. Cioè ti serve acqua calda adesso e subito loro te la fanno, cioè la situazione tipica dell’acqua calda sanitaria. Questo a differenza di altri sistemi che necessitano di serbatoi di accumulo dell’acqua calda prodotta.

Pompa di calore: all’inizio erano solo condizionatori…
pompa di calore per l'impianto di riscaldamento

Se vai in un qualsiasi grande magazzino o in un portale online tipo convienesempre.it troverai solo (o quasi) condizionatori “a pompa di calore”. In realtà non sono semplici condizionatori ma climatizzatori e il motivo è proprio l’utilizzo della tecnologia “a pompa di calore” che consente la produzione non solo di aria fresca ma anche di calore.

I vecchi condizionatori, quelli che venivano di solito installati fino ad una ventina di anni fa, avevano la sola capacità di estrarre aria calda da un ambiente chiuso e cederlo all’ambiente esterno. Un frigorifero ti dice nulla? Funziona con questo principio.

La “pompa di calore” è un’evoluzione di questo concetto: infatti è in grado di estrarre calore da una fonte di energia primaria a bassa temperatura per immetterlo in un ambiente a temperatura maggiore. Questo grazie al principio termodinamico inverso che afferma come questa cosa sia possibile semplicemente facendo un po’ di “lavoro”.

Il concetto di base è che anche a basse temperature, l’aria/acqua/terreno, hanno dell’energia termica.

La fonte di energia primaria utilizzata nella stragrande maggioranza delle pompe di calore è l’aria: ne abbiamo una quantità virtualmente infinita e soprattutto molto maggiore rispetto al volume degli ambienti da riscaldare. Ma esistono pompe di calore che sfruttano l’energia termica presente nel terreno o nell’acqua (che sarebbero anche più efficienti ma si tratta di tecnologia più complesse e non sempre attuabili)

Il problema è come sfruttare questa energia termica perché chiaramente, aprendo la finestra in pieno inverno, una stanza non si scalda. Bisogna estrarre l’energia termica, ed ecco che entra in gioco il lavoro da fare.

Questo lavoro viene svolto dai compressori che si trovano nelle pompe di calore e che solitamente funzionano con l’energia elettrica (ecco il fraintendimento sulla fonte di energia primaria: l’elettricità serve per un lavoro da fare a supporto della fonte primaria).

Qui sotto puoi vedere un’immagine di un ciclo completo dentro una pompa di calore che si compone di quattro passaggi:

  1. Un grosso ventolone spinge l’aria verso un evaporatore, che non è altro che una serie di lamelle al cui interno passano dei tubi con del fluido refrigerante. Il fluido, investito da questo flusso d’aria, si scalda diventando un gas freddo a bassa pressione.
  2. Il fluido refrigerante a questo punto passa nel compressore dove appunto viene compresso trasformandosi in un gas caldo ad alta pressione (Quando comprimi qualcosa questo solitamente si scalda): ecco che abbiamo prodotto il calore che ci serve.
  3. A questo punto il fluido refrigerante caldo passa attraverso uno scambiatore, dove può cedere il calore all’acqua che scorre dentro a delle tubazioni (impianti idronici), oppure direttamente all’aria tramite una ventola (impianti ad espansione diretta).
  4. Infine il fluido refrigerante, tornato nella forma liquida a bassa temperatura, viene fatto passare attraverso una valvola di espansione dove diventa molto freddo.

Il ciclo è così finito e può ricominciare.

Ma è efficiente?

Nel caso delle pompe di calore l’efficienza si misura con quanta energia elettrica è stata utilizzata in relazione alla quantità di energia termica prodotta. I parametri sono due, uno per il riscaldamento e uno per il raffrescamento: COP (coeffciente di prestazione) e EER (rapporto di efficienza energetica). Sono valori calcolati da ogni produttore che però variano al variare della temperatura esterna. Per intenderci, estrarre calore da aria a temperature basse è molto meno efficiente di farlo da aria a temperature alte. Comunque possiamo dire che le pompe di calore di ultima generazione riescono ad avere, per entrambi i parametri, valori superiori a 4.

Caldaia (e stufa) a biomassa
riscaldare casa con una caldaia a biomassa

Questo tipo di generatori funziona esattamente come le caldaie a gas: bruciano qualcosa e con il calore generato scaldano un fluido termovettore (solitamente acqua ma anche aria).

In queste caldaie a bruciare non è gas ma biomassa, cioè “la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani” (direttiva 2009/28/CE).

Per farla semplice, in ambito domestico parliamo di legno e derivati, principalmente pellet, segatura, e cippato.

Non esistendo impianti di distribuzione delle biomasse a cui puoi collegare la tua casa, come per il gas e l’elettricità, devi essere tu a rifornire periodicamente di questi materiali la caldaia. Che è una delle grandi pecche di questa tecnologia (l’altra sono le polveri sottili, ma ne parliamo a breve).

Le caldaie sono dotate di recipienti che consentono di rabboccarle per un po’ di tempo (anche se non troppo a lungo), ma queste caldaie non possono essere installate in casa ma devono avere locali separati e devono avere canne fumarie che scaricano i fumi obbligatoriamente sul tetto.

Quindi installare una caldaia a biomassa in un appartamento è oggettivamente impossibile.

Diverso per le stufe a biomassa, la cui differenza è sostanzialmente non avere questo grosso recipiente. Funzionano né più né meno che come una stufa normale. Solitamente sono ad aria (cioè scaldano aria) che viene immessa in una rete di tubazioni che raggiunge tutta la casa. Gli scarichi devono comunque essere in copertura.

Tra tutte le biomasse in commercio la più efficiente è il pellet che supera il 90% mentre il legno ad esempio arriva all’80%. Siccome a seconda della biomassa bruciata le caldaie variano, è importante scegliere quella giusta.

In ogni caso i pro di una caldaia (o stufa) a biomassa sono i costi di gestione molto bassi. I contro invece sono il doversi rifornire di continuamente di materiale da bruciare.

In merito alla questione inquinamento si tratta di aspetti delicati: chi ti vende queste caldaie le spaccia per ecologiche. E c’è una lunga diatriba in corso tra Unione Europea e produttori di caldaie a biomassa in merito al reale inquinamento di questi sistemi.

Fatto innegabile è che i fumi prodotti contengono pm 2.5, quindi i peggiori per la salute. Bisogna anche dire che le moderne caldaie a pellet ne producono molto pochi. La mia personale idea è che non siano una buona soluzione per riscaldare casa per le troppe criticità che hanno.  

2. Il fluido vettore

Abbiamo detto che il fluido termovettore è quell’elemento dell’impianto che ha il compito di trasportare il calore prodotto dal generatore fino ai terminali che lo cedono all’ambiente.

Possono essere di tre tipi: acqua, fluido refrigerante, aria.  

2.1 Acqua

L’acqua è sicuramente il fluido più comune negli impianti di riscaldamento: circola nei termosifoni, nei fan coli, o nei tubi del riscaldamento a pavimento.

Si tratta di un ottimo vettore del calore perché riesce a portarne grandi quantità (di calore) in volumi relativamente piccoli, ed è disponibile in grande quantità.

Viene utilizzata in abbinamento a tutti i generatori di calore che abbiamo visto: caldaie a gas, pompe di calore, stufe a biomassa.

2.2 Fluidi refrigeranti

I fluidi refrigeranti sono particolari sostanze che in base alla temperatura cambiano di fase (liquida-gassosa).

Abbiamo visto che sono fondamentali per il funzionamento delle pompe di calore. In questo caso dobbiamo chiarire una cosa: tutte le pompe di calore hanno bisogno del fluido refrigerante per funzionare, ma non tutti gli impianti a pompa di calore usano il fluido refrigerante come fluido termovettore.

Non è una supercazzola. Infatti abbiamo visto che questi apparecchi possono cedere il calore immagazzinato dal fluido refrigerante o all’acqua o direttamente all’ambiente.

Nel primo caso il fluido termovettore è l’acqua e lo scambio avviene totalmente dentro la pompa di calore (nel modulo idronico per la precisione).

Nel secondo caso il fluido termovettore è il fluido refrigerante, che scorre nelle tubazioni in giro per la casa fino ai terminali. Sarebbe il classico caso degli split del condizionatore per intenderci.

Esistono centinaia di fluidi refrigeranti, quello più comune è l’R-32, diffluorometano (conosciuto anche come freon). Il problema di questi fluidi è che, se dispersi nell’ambiente, sono molto inquinanti perché contribuiscono all’effetto serra.

2.3 Aria

L’aria invece in ambito domestico è meno diffusa. Il motivo è che, a fronte di una disponibilità illimitata e di un basso peso specifico (meno pesa il fluido meno potenza ci vuole per farlo muovere), ha una bassa capacità di immagazzinare il calore. Quindi bisogna scaldare tanta aria per scaldare un ambiente e di conseguenza servono tubazioni molto grosse che mal si sposano con gli spazi ridotti di una casa, soprattutto dei moderni appartamenti.

In realtà tutti gli impianti che hanno come terminali ventilconvettori o split sono considerati ad aria ma l’aria non è mail il reale fluido termovettore quanto l’ultimo passaggio di un impianto che prevede un altro fluido precedentemente.

Ne parleremo meglio più avanti.

3. Sistemi di distribuzione

I sistemi di distribuzione degli impianti di riscaldamento non sono altro che le tubature che collegano i generatori di calore con i terminali.

Queste tubature possono essere di rame o multistrato plastico. E nei nuovi impianti presentano sempre uno strato isolante per non disperdere inutilmente calore dove non serve.

Nella maggior parte degli impianti a termosifoni o a pavimenti scaldanti, i sistemi di distribuzione sono del tipo a collettore: cioè l’acqua calda dei circuiti va ad un collettore centrale che poi lo distribuisce ai vari terminali.

Alternativa è l’anello: un tubo fa il “giro” della casa, quando arriva nei pressi di un termosifone si fa uno stacco con una mandata e un ritorno di acqua e poi il tubo torna alla caldaia con l’acqua fredda.

Questo sistema ha un inconveniente: rischia di lasciare gli ultimi terminali freddi perché l’acqua ha già ceduto la maggior parte del suo calore lungo la strada.

Nel caso di pompe di calore con liquido refrigerante, dal generatore partono tanti tubi di mandata e di ritorno quanti sono i terminali da fornire. Non ci sono collettori lungo la strada.

4. Terminali

Concludiamo l’analisi degli elementi fondamentali di un impianto di riscaldamento con i terminali, cioè quegli elementi che cedono il calore all’ambiente.

Li dobbiamo dividere in due tipologie: i terminali che cedono naturalmente il calore fornito dall’acqua e i terminali che cedono il calore forzatamente (con una ventola).

Tra i primi troviamo:

  • Radiatori (in tutte le declinazioni: termosifoni, termoarredi, scaldasalviette, etc.)
  • Riscaldamento a pavimento
  • Riscaldamento a battiscopa

Tra i secondi:

  • Ventilconvettori (fan coil) o Split (da terra, parete, soffitto e controsoffitto)

Con le unità a controsoffitto, vanno considerate anche le bocchette di immissione e ripresa dell’aria con le relative tubazioni che le collegano all’unità.

Delle caratteristiche dei terminali ne parleremo approfonditamente nella seconda parte (il prossimo paragrafo), in quanto sono proprio i terminali a determinare la tipologia di impianto di riscaldamento.

PARTE 2: TIPOLOGIE DI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

Nei prossimi paragrafi vedremo i principali impianti di riscaldamento. La classificazione sarà principalmente fatta sulla base dei terminali con cui vengono scaldati gli ambienti.

Prima di procedere vorrei darti un consiglio: anche l’impianto più semplice non può essere progettato dall’idraulico o dal venditore. Ci vuole sempre un progettista che dimensioni e verifichi a monte.

Gli idraulici sono bravi (alcuni molto bravi), ma vanno sempre indirizzati e controllati. Soprattutto quando si tratta di impianti più evoluti della caldaia+termosifoni (che comunque anche qui non è banale…).

Troppo spesso un proprietario di casa non si rende conto di quanto sia importante dimensionare e progettare correttamente un impianto di riscaldamento e che le formule semplicistiche utilizzate in cantiere non vanno sempre bene.

Procediamo.

Impianto 1: Termosifoni

Abbiamo detto che è il boss degli impianti di riscaldamento. E quindi ne parleremo approfonditamente.

In questi impianti dal generatore di calore parte un tubo con l’acqua calda in uscita e ve ne rientra uno con l’acqua fredda di ritorno. Entrambi i tubi sono collegati ad un collettore, da cui partono tanti tubi che trasportano acqua calda quanti sono i terminali. E naturalmente altrettanti tubi vi ritornano per riportare l’acqua fredda.

Il collettore dovrebbe stare in una zona il più possibile baricentrica rispetto ai terminali, per evitare che alcuni termosifoni siano raggiunti da poca acqua calda.

I terminali sono termosifoni o termoarredi (che non sono altro che termosifoni “fighi”).

I termosifoni sono elementi modulari all’interno dei quali passa l’acqua calda, la quale scalda il metallo (ottimo conduttore) che cede il calore all’ambiente.

Ogni termosifone è composto da un certo numero di elementi collegati tra loro, calcolato in base alla potenza di ogni singolo elemento e alle esigenze di progetto. Teoricamente se in una stanza senti freddo per risolvere il problema puoi semplicemente aggiungere uno o più elementi al termosifone esistente.

Ad ogni modo per riscaldare una stanza i termosifoni devono raggiungere una temperatura elevata: tra i 60° e i 70° (quindi l’acqua deve circolare fino a 80°).

Temperature così alte sono necessarie perché, essendo nella sostanza oggetti piccoli rispetto al volume di aria da scaldare della stanza, hanno bisogno di tanta potenza per riuscire a farlo. Quindi servono temperature alte.

Il riscaldamento a pavimento ha ovviato a questo problema…ma ne parliamo dopo.

Fino agli anni ’60 i termosifoni erano sempre in ghisa, poi sono stati sostituiti dall’alluminio che attualmente la fa da padrone come materiale e in acciaio (meno diffuso).

Concentriamoci su ghisa e alluminio e vediamone i pro e i contro:

  • I termosifoni in ghisa ci mettono una vita a scaldarsi. Però una volta caldi ci mettono due vite a raffreddarsi (si dice che hanno un’alta inerzia termica).

Quindi non scaldano subito ma scaldano per tanto tempo.

  • I termosifoni in alluminio invece fanno l’esatto contrario: si scaldano subito e si raffreddano ancora più velocemente (hanno bassa inerzia termica).

Quindi scaldano subito ma appena si spegne la caldaia si raffreddano.

Se con la ristrutturazione di casa tua rifai l’impianto di riscaldamento, e opti per quello classico, con ogni probabilità ti ritroverai ad installare radiatori in alluminio.

Se invece vuoi conservare i vecchi termosifoni in ghisa attento ad una cosa: gli impianti vecchi spesso erano sottodimensionati, quindi potresti aver bisogno di aumentare il numero di elementi scaldanti di ogni termosifone.

Il problema è che i vecchi termosifoni in ghisa, se provi a svitare o avvitare nuovi elementi, potrebbero rompersi.

Soprattutto dove l’acqua è molto calcarea e corrosiva, il metallo si è sicuramente rovinato.

Il risultato, che ho testato in alcune case, è stato quello di dover sostituire l’intero termosifone.

Proseguendo: da alcuni anni, peri rispondere alle prescrizioni di legge sull’efficienza energetica, in ogni termosifone deve essere installata una valvola termostatica.

Ho dedicato un intero articolo alle valvole termostatiche, quindi ti rimando alla sua lettura per approfondirne il funzionamento.

Chiudiamo questo paragrafo evidenziando i principali problemi di questa tipologia di impianto, partendo da COME riscaldano gli ambienti.

Il principio di funzionamento è la convezione. Cioè scaldare una porzione d’aria fredda nelle vicinanze del termosifone. Quest’aria scaldandosi sale verso l’alto e viene sostituita da aria fredda che viene a sua volta scaldata, creando quelli che sono chiamati “moti convettivi”. Cioè del vento.

Se ti metti vicino ad un termosifone in una stanza fredda potresti sentire chiaramente questa sorta di venticello.

Niente di sgradevole, però non consente un riscaldamento uniforme dell’ambiente e porta ad avere le parti alte delle stanze più calde delle parti basse. Quando a noi servirebbe esattamente il contrario.

Inoltre, per le persone allergiche, questo continuo ricircolo d’aria può costituire un problema perché può portare polveri varie.

Infine questi impianti hanno il difetto di rendere molto secca l’aria. Infatti spesso sono abbinati a umidificatori.

Non fraintendermi: come sistema di riscaldamento funziona bene, non per niente è stato quello che si è diffuso maggiormente…ma non consente di ottenere elevati livelli di confort termico e ambientale.

Capito in linea generale di cosa stiamo parlando, spendiamo due parole sulle caldaie che possono essere abbinate a questo impianto.

Caldaia a gas

Come abbiamo detto le caldaie a gas sono ormai tutte a condensazione.

Sono sistemi di riscaldamento “istantanei”: cioè producono calore, anche a temperature molto alte, a richiesta.

Non hai bisogno di un serbatoio di accumulo per tenere in caldo una certa quantità di acqua.

La caldaia, a seconda del modello, può essere installata internamente (con la dovuta areazione), oppure esternamente, magari in una nicchia apposita.

Queste caldaie, sebbene molto efficienti, emettono comunque dei fumi.

Questi fumi dovrebbero essere smaltiti attraverso la canna fumaria del condominio. In realtà mi capita frequentemente, negli appartamenti che ristrutturo, di non potermi inserire nelle canne fumarie condominiali. Perché mancano, perché non sono adeguate, spesso perché sono state tappate in copertura…

La norma consente, nel caso in cui non sia possibile intercettare una canna fumaria, di utilizzare la parete esterna più vicina per emettere i fumi (rispettando le dovute distanze dalle finestre limitrofe, prescritte per legge).

La potenza termica di una caldaia per un appartamento di medie dimensioni (tra i 60mq e i 150mq) solitamente varia tra i 23kw e i 28kw (dipende dalle esigenze degli utilizzatori e dalle caratteristiche dell’immobile).

Caldaia a pompa di calore

In questo caso abbiamo detto che il funzionamento è elettrico. E se la caldaia a gas è un oggetto tutto sommato compatto che produce acqua calda istantaneamente, la pompa di calore è più ingombrante e non produce acqua calda istantaneamente, quindi potenzialmente problematica per l’acqua calda sanitaria.

Inoltre la temperatura a cui viene prodotta l’acqua non supera i 55°, non proprio adatto ad un impianto che richiede acqua ad oltre 70°.

Come risolvere quindi?

  1. Abbinare un “puffer”, cioè un serbatoio di accumulo per l’acqua calda sanitaria;
  2. Abbinare una caldaia a gas per sopperire ai gradi mancanti per arrivare ai 70 richiesti dai termosifoni Impianto ibrido);
  3. Oppure dimensionare i termosifoni perché si accontentino di acqua a 55°, cioè mettendoli enormi (non il massimo);
  4. Installare una pompa di calore ad alta temperatura che consente di arrivare a 80° di temperatura (molto costosa).
Riscaldamento con pompa di calore idronica

Fermo restando che nella maggior parte dei casi la pompa di calore coi termosifoni non è un impianto performante, in ogni caso, qualunque sia la soluzione tecnologica prevista, rispetto al classico sistema caldaia a gas + termosifoni, consente di ottenere un buon risparmio in bolletta.

Nel caso di impianti a termosifoni, come indicazione generale le caldaie a pompa di calore lavorano meglio con terminali in alluminio che richiedono temperature di esercizio più basse e sono più reattivi.

Caldaia a biomassa

Per quanto riguarda le caldaie a biomassa tendenzialmente potrebbero funzionare come una normale caldaia a condensazione: quindi produrre acqua calda istantaneamente.

C’è da fare una riflessione però: abbiamo già accennato al fatto che una delle pecche di queste caldaie è l’inquinamento che producono. Uno degli accorgimenti per diminuire in modo sensibile questo problema è utilizzare in modo efficiente la caldaia…

Per farlo normalmente alla caldaia a biomassa viene abbinato un sistema di accumulo simile a quello delle pompe di calore idroniche (il puffer).

In questo modo la caldaia deve solo tenere in caldo la massa d’acqua del puffer e non deve accendersi e spegnersi ad ogni richiesta dell’impianto di riscaldamento.

In questo modo: inquini meno, risparmi, hai un riscaldamento più efficiente.

Impianto 2: Pannelli radianti

I pannelli radianti sono solitamente identificati come riscaldamento a pavimento. Ma lo stesso principio può essere applicato a parete o a soffitto. Comunque noi parleremo di quello più diffuso a pavimento.

Il funzionamento è semplice: vengono montate delle serpentine (tubi) in cui passa l’acqua calda sotto al pavimento. Il calore viene ceduto al massetto che ricopre i tubi il quale si trasforma in un enorme termosifone che riscalda in modo uniforme l’intero ambiente da scaldare.

Immagina il calore prodotto da questa tipologia di impianti come una massa compatta che sale dal pavimento.

riscaldare casa: riscaldamento a pavimento

Non hai aree fredde e aree calde. Tutto è esattamente alla temperatura che vuoi tu.

Sebbene il funzionamento di base di questo impianto sia identico a quello con i termosifoni, il principio con cui il calore viene immesso in ambiente è molto diverso.

Se per i termosifoni parliamo di convezione (ti ricordi che ti ho detto che scaldano l’aria nelle loro prossimità creando una sorta di vento?), per i pannelli radianti parliamo di riscaldamento ad irraggiamento:cioè una massa compatta di calore molto grande scalda uniformemente l’aria. Un po’ come fa il sole con la terra.

Questo fenomeno si ha quando la fonte di riscaldamento è molto grande rispetto al volume d’aria da riscaldare. L’intero pavimento è molto più grande di un singolo termosifone…

Questo sistema ha alcuni benefici:

  1. L’ambiente è uniformemente riscaldato (l’abbiamo già detto)
  2. Non si formano moti convettivi (quindi niente polvere in sospensione…)
  3. La fonte di calore non deve essere ad elevate temperature

Questo terzo punto è fondamentale: l’acqua calda che passa dentro le tubazioni sotto al pavimento solitamente non supera i 35°. Questo significa che la tua caldaia, qualunque essa sia, consumerà di meno.

Tutte le caldaie possono essere utilizzate con il radiante, però è evidente che la pompa di calore possa essere la soluzione più conveniente. Anche a fronte di un altro aspetto: il pavimento radiante può essere usato in estate per raffrescare facendo passare acqua fredda nelle tubature, se abbinato ad un deumidificatore.

Però bisogna mettere in evidenza anche alcuni aspetti negativi.

Non è un impianto che genera calore istantaneo. Il termosifone lo accendi e scalda. Il pannello radiante nel pavimento no…deve scaldare il massetto (ci vuole tempo) e poi deve scaldare uniformemente l’aria (ci vuole tempo).

Per questo motivo tali impianti sono “modulanti”, cioè stanno accesi costantemente (durante il periodo invernale) e viene modulata la temperatura dell’acqua per alzare o abbassare la temperatura interna.

Nonostante questo sono decisamente più economici di un impianto tradizionale perché scaldare l’acqua per tante ore a basse temperature richiede molta meno energia che scaldarla ad alte temperature per periodi brevi.

C’è da dire che negli ultimi anni sono stati messi a punto impianti molto più reattivi rispetto a prima (detti “a bassa inerzia”).

Tipo 3: Battiscopa radianti

Tra i sistemi ad acqua troviamo anche il riscaldamento a battiscopa.

Si tratta di un tipo di impianto che non ho mai fatto installare e di cui posso parlare solo in virtù della documentazione tecnica che ho potuto leggere negli anni.

Intanto il funzionamento.

Riscaldamento a battiscopa

All’interno di un battiscopa largo 3cm e alto 15 cm (un battiscopa classico è 1,5×7) passano due tubi di rame in cui scorre l’acqua calda proveniente dalla caldaia e l’acqua fredda di ritorno.

Questi tubi sono inseriti in un sistema di lamelle metalliche che si scaldano e rilasciano il calore.

Questo calore fuoriesce da una sorta di griglia sopra il battiscopa stesso. In parte si diffonde direttamente nella stanza e in parte riscalda le pareti su cui è installato il battiscopa.

Queste pareti si scaldano uniformemente fino a circa 2 metri di altezza (poi si raffreddano) e rilasciano il calore nell’ambiente.

Si trasformano in sostanza in enormi pannelli radianti. Per questo è considerato simile a quello a pavimento (cioè radiante).

L’acqua all’interno dei tubi deve scorrere a circa 50° di temperatura, superiore a quella del riscaldamento a pavimento ma inferiore a quella dei termosifoni.

Però serve veramente poca acqua per scaldare i battiscopa, rendendolo un sistema efficiente ed economico.

Di buono ha che:

  • Riscalda in modo uniforme
  • Non necessità di grandi opere murarie per essere installato
  • Asciuga le pareti

Di negativo ha che:

  • Non puoi mettere mobili alle pareti (almeno dove esce l’aria calda)
  • Un battiscopa 3x15cm in una casa moderna è un pugno in un occhio…

Impianto 4: Ventilconvettori (fan coil)

Veniamo ai cosiddetti impianti ad aria, che possono essere sia con fluido termovettore acqua, cioè i ventilconvettori di cui parliamo qui, sia con fluido termovettore liquido refrigerant, di cui parleremo nel prossimo paragrafo.

Ho vissuto quasi quindici anni in una camera riscaldata con un ventilconvettore. Tutto il resto della casa era scaldata con termosifoni normali ma, siccome la mia stanza era molto più fredda di tutte le altre, i miei genitori invece di prendere un termosifone più grande, hanno preso un ventilconvettore.

Per questo motivo l’acqua dentro i tubi girava a temperature più alte rispetto a quelle per cui sono previsti i ventilconvettori, cioè circa 50°.

Mi ricordo che quando era acceso, la camera diventava un inferno di fuoco in dieci minuti. Al ché io lo spegnevo (il termostato non andava un granchè bene…) e la camera diventava un ghiacciolo in cinque minuti. Questo perché i ventilconvettori non sono in grado di immagazzinare il calore come i termosifoni e diventano istantaneamente freddi. Se la casa è isolata bene non c’è problema, se è isolata male bisogna porre attenzione a questo aspetto (per i consumi più che altro).

Il fan coil, o ventilconvettore in italiano, non è altro che un termosifone con una ventola. Quindi è un sistema ad acqua.

I ventilconvettori possono essere da pavimento (console), da parete (split), a soffitto, a controsoffitto o canalizzati.

Richiedono temperature di esercizio più basse rispetto ai termosifoni perché l’aria calda viene spinta forzatamente in ambiente con una ventola, quindi riesce a raggiungere prima e in modo più efficace le aree fredde dell’ambiente (senza raffreddarsi).

Di conseguenza il generatore ideale è la pompa di calore. Anche in considerazione del fatto che in estate produce fresco con un unico impianto.

Ciò naturalmente non vuol dire che non possano essere usati anche con una caldaia a gas.

Perché installare un sistema di questo tipo al posto dei normali radiatori?

  1. Scalda più velocemente
  2. La temperatura dell’acqua è più bassa (circa 50°), quindi si risparmia
  3. L’aria è più pulita perché le bocchette di ripresa ed emissione hanno dei filtri
  4. Se abbinati alla pompa di calore possono fare anche aria fredda

Perché non installare un sistema di questo tipo?

  1. Le polveri circolano comunque proprio perché le ventole creano dei moti convettivi
  2. Le ventole sono rumorose. Magari poco ma fanno rumore.
  3. Non hanno capacità termica. Cioè appena li spegni diventano subito freddi (e di conseguenza anche la casa se non è isolata bene)
  4. Sono più costosi di un impianto a termosifoni

Devo essere sincero: tra un impianto a termosifoni e uno a ventilconvettori scelgo tutta la vita quest’ultimo. Però va calato caso per caso: in una ristrutturazione globale in cui si cura anche l’isolamento (anche solo sostituendo gli infissi con alcuni di buona qualità…non le porcherie inserite di solito nel superbonus) è una soluzione ottimale. In altri casi risulta importante fare un calcolo accurato per vedere pro e contro, soprattutto dal punto di vista dei consumi.

Tipo 5: Impianti VRF

Riscaldare casa con i condizionatori

Chiudiamo questa panoramica con gli impianti VRF (detti anche VRV) che sta per “flusso refrigerante variabile” (Variable Refrigerant Flow).

Capisco che il termine possa sembrare nuovo ma non sono altro che la versione seria dei condizionatori a split.

Perché seria? Perché, se fatto bene, si tratta di un impianto integrato, con ottimizzazione degli elementi e un sistema di controllo e gestione centralizzato. Invece gli split sono tante macchine separate che accendi e spegni all’esigenza, senza possibilità di programmazione.

Certo anche i normali condizionatori sono considerati impianti di riscaldamento, e alcuni split molto efficienti ci sono, ma mancano di tutti gli elementi che caratterizzano un vero impianto di riscaldamento (e sottolineo impianto).

Detto ciò i VRF sono impianti nati per grandi spazi (negozi, uffici, fabbriche…) che però negli ultimi anni stanno avendo buona diffusione anche nel residenziale.

Si tratta di impianti chiamati aria/aria, in cui cioè, escludendo il liquido refrigerante, il calore viene trasmesso direttamente dall’aria esterna a quella interna (sono detti anche “ad espansione diretta”).

Le unità interne, a livello estetico, sono come i ventilconvettori: split, console, soffitto, controsoffitto, canalizzate.

Quando vengono utilizzate unità interne canalizzate, solitamente a controsoffitto, le bocchette di mandata e ripresa possono trovarsi a distanze significative rispetto alla macchina e per collegare le bocchette dei tubi coibentati in cui circola l’aria calda (o fredda in estate).

Importante sottolineare che oltre alle bocchette di immissione dell’aria, devono essere presenti anche delle bocchette di ripresa dell’aria (il concetto è che tanta aria immetti in ambiente e tanta aria estrai dall’ambiente), le quali dovrebbero essere posizionate a dovuta distanza dalle prime per non recuperare subito l’aria appena climatizzata (uno dei problemi degli split…) (NB: vale anche per i ventilconvettori canalizzati).

In sostanza il funzionamento delle unità interne è questa:

  • Una ventola presente nella macchina aspira l’aria dall’ambiente attraverso le bocchette;
  • L’aria passa attraverso la macchina dove il liquido refrigerante cede il calore (o il freddo in estate) – attraverso l’evaporatore;
  • Un’altra ventola spinge l’aria dentro le tubazioni fino alle bocchette (o direttamente in ambiente se l’unità non è canalizzata) per reimmetterla in ambiente alla temperatura richiesta.

Il generatore di calore è sempre una pompa di calore.

I pro di questo impianto di riscaldamento sono:

  1. L’efficienza: è più efficiente anche dei ventilconvettori perché c’è un trasferimento termico in meno (non va scaldata l’acqua);
  2. Potenzialmente è totalmente nascosto, tranne le bocchette dell’aria;
  3. Fa caldo e freddo con un unico impianto

I contro invece sono:

  1. Circola molto liquido refrigerante nell’impianto, che sappiamo essere inquinante in caso di perdite;
  2. Devi realizzare controsoffitti per nascondere le unità interne (solitamente si cerca di posizionarle nei corridoi o in zone di passaggio) e/o tutte le tubazioni necessarie (ci vuole sempre lo scarico di condensa ad esempio);
  3. Va progettato e dimensionato correttamente per essere efficiente (non va bene Bepi l’idraulico).

Riscaldare con l’effetto Joule: una cosa da evitare (?)

In teoria avremmo finito. Però non ti voglio lasciare senza spendere due parole sui veri impianti elettrici, cioè quelli che usano l’elettricità come fonte di energia primaria, non come le pompe di calore che abbiamo visto usano l’aria (o la terra o l’acqua).

Gli impianti di cui parliamo qui sono quelli che funzionano con l’effetto Joule, cioè quell’effetto per cui qualsiasi conduttore percorso da una corrente elettrica ne dissipa una parte in calore.

Questi impianti utilizzano il calore dissipato. Esattamente come le stufette elettriche per intenderci. Però ne esistono di più evoluti: riscaldamento a pavimento elettrico e riscaldamento ad infrarossi.

Attenzione però: la normativa scoraggia l’utilizzo dell’elettricità come fonte di energia primaria, in quanto si tratta di una fonte scarsa, inquinante e non rinnovabile.

Scarsa perché non si trova in natura, inquinante perché ancora oggi per realizzare elettricità si bruciano carbone, petrolio o si fanno funzionare centrali nucleari, non rinnovabile perché una volta usata non la puoi riutilizzare (a differenza dell’aria ad esempio).

Giusto per capirci: il fattore di conversione dei combustibili fossili in energia primaria è pari a circa 1,1, mentre quello dell’elettricità è superiore a 2,5. Significa che a parità di consumo effettivo un riscaldamento elettrico è molto penalizzato dalla normativa.

Le cose magari in futuro cambieranno, quando produrremo tutta l’elettricità da fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico, idroelettrico). Ma per ora è così. Quindi installare sistemi elettrici è sconsigliato.

Detto ciò vediamo come funzionano i due impianti elettrici che abbiamo citato.

Radiante elettrico

Il principio con cui riscaldano è lo stesso del riscaldamento a pavimento, solo che invece di tubi in cui passa l’acqua ci sono cavi in cui passa corrente elettrica.

Quindi abbiamo tutti i pro del riscaldamento a pannelli radianti e in più abbiamo che:

  • non c’è bisogno di realizzare un massetto sopra i cavi, che si possono trovare subito sotto le piastrelle;
  • non serve la caldaia.

Una bomba quindi?

No…i consumi elettrici sono elevati. Ha senso solo in caso di case ben isolate in cui tenerlo accese per poco.

Riscaldamento a infrarossi

I pannelli ad infrarossi emettono delle onde nello spettro degli infrarossi che scaldano con il principio dell’irraggiamento. Sono piccoli, ma i raggi infrarossi permettono di scaldare uniformemente. E la particolarità è che non scaldano l’aria ma direttamente i corpi con cui vengono a contatto.

Di positivo quindi l’uniformità di riscaldamento, i tempi rapidi, la semplicità di installazione e l’economicità. Per contro la scarsa efficienza in ambienti di grandi dimensioni (riescono a scaldare fino ad una distanza di pochi metri) e i consumi elevati.

IMPIANTO DI RISCALDAMENTO: I PUNTI PRINCIPALI

Ci fermiamo qui. Ho scritto anche troppo…Ricapitoliamo però i punti principali che abbiamo affrontato.

Abbiamo visto che un impianto di riscaldamento è composto da quattro elementi di base:

  • Un generatore di calore
  • Un fluido termovettore che trasporta il calore
  • Un sistema distributivo (dei tubi) che trasportano il fluido
  • Dei terminali che trasferiscono all’ambiente il calore del fluido

Abbiamo anche visto che i generatori di calore si possono dividere in base al tipo di energia che utilizzano per produrre calore:

  • Gas (caldaie)
  • Elettricità (pompe di calore)
  • Biomasse (stufe a legna, pellet, etc.)

E abbiamo anche visto che le pompe di calore sono le uniche che consentono di produrre contemporaneamente caldo e freddo.

In merito ai fluidi termovettori abbiamo visto essere sostanzialmente due:

  • Acqua
  • Liquido refrigerante

L’aria in ambito domestico è utilizzata solo nell’ultimo tratto di impianti canalizzati (ventilconvettori o VRF).

Per quanto riguarda i terminali abbiamo visto che possono essere:

  • Radiatori (termosifoni)
  • Fan coil (ventilconvettori)
  • Pannelli radianti (pavimenti, pareti, soffitti scaldati)
  • Battiscopa
  • Split (in tutte le accezioni)
  • Unità nascoste a controsoffitto (nei sistemi VRF)…
  • …queste abbinate a bocchette di mandata e di ripresa dell’aria

Combinando tutti questi elementi abbiamo i tipi di impianto maggiormente diffusi:

  • Ad acqua
    • Caldaia a gas/pompa di calore/caldaia biomassa + radiatori/fan coil -> acqua ad alta temperatura (70°)
    • Caldaia a gas/pompa di calore/caldaia biomassa + fan coil e battiscopa -> acqua a media temperatura (50°)
    • Caldaia a gas/pompa di calore/caldaia biomassa + pannelli radianti -> acqua a bassa temperatura
  • Ad “aria” (liquido refrigerante)
    • Pompa di calore + split separati
    • Pompa di calore + unità interne connesse (VRF)

Ti ribadisco che questi sono solo le tipologie principali di impianti che puoi installare, ma ce ne potrebbero essere altri.

Poi a seconda dei casi a loro puoi integrare fotovoltaico, solare termo, geotermico…tutti sistemi di produzione di energia da fonti rinnovabili.

E infine devi considerare che è buona cosa cercare di integrare anche la produzione di acqua calda sanitaria nel tuo generatore.

QUAL È IL MIGLIOR IMPIANTO PER LA TUA RISTRUTTURAZIONE?

Se trovi qualcuno che ti da una risposta a questa domanda senza aver attentamente valutato sia la tua casa che le tue esigenze…caccialo.

Un venditore di pompe di calore…ti dirà che quella è la soluzione migliore.

Un venditore di caldaie a condensazione…ti dirà che quella è la soluzione migliore.

Quindi il primo consiglio è: affidati ad un tecnico che abbia a cuore solo i tuoi interessi.

Personalmente, quando un cliente mi contatta per un progetto, se vedo che c’è un reale interesse verso ottenere impianti efficienti e che creino vero benessere…mi affido ad un collega specializzato per la loro progettazione.

(NB: Diffida anche dai tecnici tuttologi…)

Detto ciò alcune riflessioni possiamo farle.

Al giorno d’oggi tutti vogliono caldo in inverno e fresco in estate.

A fronte di questa considerazione, quando fai installare un nuovo impianto di riscaldamento durante la ristrutturazione, puoi rispondere in due modi:

  1. Cerchi di risparmiare, non hai grandi pretese estetiche e ti accontenti di una qualità del caldo e del freddo non eccezionali

In questo caso opti per un classico impianto con caldaia a condensazione, termosifoni e qualche split sparso per casa.

La versione estrema di questo approccio è usare solo split per fare caldo e freddo.

  1. Opti per sistemi integrati che possano produrre sia caldo che freddo e che siano il più possibile nascosti.

Quindi vai verso sistemi radianti con pompa di calore oppure Vrf (quindi sempre con pompa di calore).

Non ti dico che ci sia un approccio giusto e uno sbagliato, ogni persona deve fare i conti con tanti fattori che non sono solo legati ad aspetti economici.

Ricordati anche che un impianto di riscaldamento si inserisce sempre in un ambiente confinato, e le caratteristiche di questo ambiente sono determinanti per decidere quale sia il miglior sistema da installare.

In sostanza: un impianto efficiente dentro un involucro poco efficiente non darà mai un buon benessere interno e non ti consentirà di ottimizzare i consumi.

Dove possibile cura anche l’isolamento delle pareti, degli infissi e dei solai. Ti assicuro che anche se vivi in un condominio popolato da vecchietti che non accetteranno mai di spendere i loro soldi in un cappotto termico perché “io ho sempre passato l’inverno con quattro maglioni in casa e la mia stufetta elettrica e non ho mai avuto problemi”…in molti casi puoi realizzare un ottimo isolamento senza rompere le scatole a loro e senza perdere spazio interno tu.

Ho già scritto un articolo in cui ti ho mostrato un mio intervento del genere.

Se devi ristrutturare casa trovi nel sito una pagina per chiedermi un preventivo. Vedremo se possiamo fare qualcosa insieme.    

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